venerdì, ottobre 11, 2013

Tiferai come dico. Il politicamente corretto verso la soluzione finale negli stadi italiani?



Consideriamo che un’innovazione nel linguaggio, anche se nata per tutelare la sfera dell’emancipazione, quando finisce per imporsi rischia di diventare pienamente un dispositivo di potere. E’ capitato, ad esempio, al linguaggio, giuridico e sindacale, della tutela dei diritti. Ad esempio, bastava sentir parlare Ichino ieri, o ascoltare Dell’Aringa oggi, per cui il linguaggio dei diritti del lavoro si trovava, e a maggior ragione si trova, a contenere una realtà che sta all’opposto di quanto evocato. Potenza della retorica. Tanto più questo esempio vale per il linguaggio del politicamente corretto e della sua tentata applicazione negli stadi italiani. Qui vale la pena di aggiungere una nota storica: la questione dell’applicazione intensiva di un linguaggio politicamente corretto, rispettoso delle minoranze e antisessista, si impone nei campus universitari americani a cavallo degli anni ’80 e ’90. Si tratta di una forma di resistenza, e di innovazione, linguistica che risponde sostanzialmente, anche se la questione sarebbe più complessa, a due grandi mutazioni dell’epoca nell’università americana: la maturazione, e l’imporsi su molti livelli disciplinari, di un decennio di elaborazione del linguaggio delle minoranze che si incontrava con la French Theory applicata su scala Usa; e una prima forte forma di resistenza verso un’università, e su questo ci sono atti interessanti di convegni dell’epoca, che andava progressivamente riducendo l’investimento nelle scienze umane per concentrarsi sull’ormai prossimo mondo di yahoo! e google e l’immancabile sfera della finanza. Il politicamente corretto -o meglio la lotta per l’imposizione di un linguaggio rispettoso delle minoranze nelle guide universitarie, nei corsi e anche nei testi- nasce come frutto del laboratorio linguistico americano degli anni ’80 e come strumento di resistenza, e di tentativo di egemonia, della declinante università americana delle scienze umane.

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