lunedì, febbraio 16, 2015

L’ipocrisia del quartiere a luci rosse

Dove finisce il "lavoro sessuale"?. La "tratta" e la prostituzione come lavoro da regolamentare sono, all’apparenza, due aspetti contrapposti. Ma dove finisce il "lavoro sessuale"? Precarie, lavoratrici, manager: tutte quelle che devono "sapersi vendere". Impossibile recintarle


La pro­sti­tu­zione, in tutte le sue forme, di costri­zione o scelta, non solo non è un lavoro come un altro, ma si può con­si­de­rare l’impianto ori­gi­na­rio — il più antico del mondo — del rap­porto tra sesso e denaro, sesso e potere, sesso e lavoro. La prova è nel cre­scente svi­luppo di un mer­cato che si avvale di “lavori marchetta“o, al con­tra­rio, della messa a pro­fitto della vita intera. Già molti anni fa, nel numero unico della rivi­sta “Posse” (Mani­fe­sto­li­bri 2004) Dive­nire– donna della poli­tica, tra le tante testi­mo­nianze di gio­vani pre­ca­rie, si poteva leggere,tra le altre, que­sta domanda: «E’ pos­si­bile che si vada creando un con­te­sto pro­sti­tu­zio­nale allar­gato, legato al fatto che, quando l’attività rela­zio­nale tende a pren­dere il soprav­vento, il sog­getto debba anche lasciare agire, usare, sfrut­tare le capa­cità del corpo e la mimica della prof­ferta ses­suale ?(…) Nei lavori ati­pici la com­po­nente per­so­nale e rela­zio­nale ha un peso sem­pre più impor­tante, sia nel con­te­sto del lavoro che nella rela­zione con­trat­tuale col padrone. Debbo impa­rare a ven­dermi bene, a ren­dermi appetibile (…).....
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