Dove finisce il "lavoro sessuale"?. La "tratta" e la prostituzione come lavoro da regolamentare sono, all’apparenza, due aspetti contrapposti. Ma dove finisce il "lavoro sessuale"? Precarie, lavoratrici, manager: tutte quelle che devono "sapersi vendere". Impossibile recintarle
La prostituzione, in tutte le sue forme, di costrizione o scelta, non solo non è un lavoro come un altro, ma si può considerare l’impianto originario — il più antico del mondo — del rapporto tra sesso e denaro, sesso e potere, sesso e lavoro. La prova è nel crescente sviluppo di un mercato che si avvale di “lavori marchetta“o, al contrario, della messa a profitto della vita intera. Già molti anni fa, nel numero unico della rivista “Posse” (Manifestolibri 2004) Divenire– donna della politica, tra le tante testimonianze di giovani precarie, si poteva leggere,tra le altre, questa domanda: «E’ possibile che si vada creando un contesto prostituzionale allargato, legato al fatto che, quando l’attività relazionale tende a prendere il sopravvento, il soggetto debba anche lasciare agire, usare, sfruttare le capacità del corpo e la mimica della profferta sessuale ?(…) Nei lavori atipici la componente personale e relazionale ha un peso sempre più importante, sia nel contesto del lavoro che nella relazione contrattuale col padrone. Debbo imparare a vendermi bene, a rendermi appetibile (…).....
http://www.senzasoste.it/genere/l-ipocrisia-del-quartiere-a-luci-rosse
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